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La donna preferisce il bypass….forse!

Di Filippo Brandimarte

La malattia coronarica resta la prima causa di morte nel sesso femminile in tutto il mondo. (1) Le opzioni di trattamento migliori non sono ad oggi ancora chiare. Diversi trial randomizzati che hanno confrontato l’angioplastica con il bypass in entrambe i sessi suggerirebbero una superiorità di quest’ultimo in termini di tassi di reinfarto e rivascolarizzazioni ripetute mentre il beneficio sulla mortalità è ancora oggetto di dibattito. (2) Ma quando l’analisi viene ristretta al sesso femminile i risultati sono spesso contrastanti principalmente per insufficiente potenza statistica degli studi. (3-5) Quale strategia di rivascolarizzazione è dunque preferibile nella donna nel contesto della malattia coronarica cronica?

A questo proposito è recentemente apparso sull’European Heart Journal un interessante studio retrospettivo canadese che ha studiato dal 1 aprile 2012 al 31 dicembre 2021 una coorte di circa 4000 donne con malattia coronarica cronica severa (definita come malattia del tronco comune oppure di 2 vasi tra cui il coinvolgimento del tratto prossimale della discendente anteriore) e di età compresa tra 18 e 80 anni, escludendo i soggetti con pregresso bypass, demenza, shock cardiogeno o pregressa angioplastica nei 6 mesi precedenti. (6) Dopo aver effettuato un adeguato matching per rendere omogenei i due bracci di trattamento, 2033 soggetti che sono stati sottoposti a bypass sono stati confrontati con altrettanti trattati con angioplastica. Il follow-up medio è stato di oltre 5 anni. L’endpoint primario è stato definito come gli eventi cardio e cerebrovascolari maggiori (infarto, scompenso cardiaco, ictus e rivascolarizzazioni ripetute). L’endpoint secondario sono stati i singoli componenti dell’endpoint primario e il tasso di reospedalizzazione per infarto, scompenso cardiaco e ictus. L’endpoint terziario sono stati i tassi di mortalità, infarto ed ictus intraospedalieri.   

La mortalità intraospedaliera, come atteso, è stata inferiore nel gruppo angioplastica rispetto al quello bypass (0.7% vs 1.5%, OR 0.51; 95% CI: 0.27–0.99,  p=.04) ovviamente per la minore invasività della rivascolarizzazione percutanea rispetto a quella chirurgica. Stesso dicasi per il tasso di ictus, mentre non si sono osservate differenze in termini di tassi di infarto intraospedaliero. Al termine del follow-up gli eventi cardio e cerebrovascolari maggiori sono però stati più alti nel braccio angioplastica rispetto al bypass (HR 1.81; 95% CI: 1.63–2.01, p<.001). Stesso andamento, sempre a favore del bypass, per quanto riguarda la mortalità per tutte le cause (HR 1.34; 95% CI: 1.16–1.54, p<.001), il tasso di infarto (HR 2.23; 95% CI: 2.03–2.46, p<.001), le rivascolarizzazioni ripetute (HR 2.61; 95% CI: 2.43–2.80, p<.001) e il tasso di reospedalizzazione per infarto scompenso cardiaco o ictus (HR 1.40; 95% CI: 1.32–1.49, p<.001). Il tasso di stroke è stato invece inferiore nella coorte angioplastica rispetto al bypass (HR 0.76; 95% CI: 0.67–0.87, p<.001). Risultati simili si sono osservati nel contesto dell’infarto miocardico senza sopraslivellamento del tratto ST.

Lo studio suggerisce che la tecnica di rivascolarizzazione preferibile nelle donne di età inferiore ad 80 anni con malattia coronarica cronica severa è probabilmente il bypass sebbene quest’ultimo presenti tassi di mortalità intraospedaliera e ictus più alti. Il dato si aggiunge a quello già noto dello studio di Hannan EL et al. pubblicato lo scorso anno (5) e a quelli dello studio NOBLE (7), EXCEL (8) e una metanalisi pubblicata nel 2020, sebbene in questi studi il sesso femminile era rappresentato solo per circa il 20%. La posiszione delle ultime linee guida dell ESC del 2024 sulle sindromi coronariche croniche è in linea con i risultati di questo studio. (9) Ciò nonostante esistono in letteratura dati provenienti da grossi trial randomizzati che mostrano risultati opposti come quelli provenienti dal SYNTAX (10) che ha mostrato a 5 anni (ma non a 10 anni) la superiorità dell’angioplastica in termini di mortalità per tutte le cause, o anche risultati neutri come nel caso degli studi BEST, PRECOMBAT e FAME-3. (11,12)

Esiste quindi un certo grado di incertezza su quale sia la migliore tecnica di rivascolarizzazione nel sesso femminile. Questo è probabilmente dovuto al fatto che la fisiopatologia della malattia coronarica è influenzata da fattori di rischio cardiovascolare tradizionali ma anche da quelli specifici legati al sesso: le donne, infatti, da un lato tendono a sviluppare la coronaropatia 7-10 anni dopo il sesso maschile per l’effetto protettivo degli estrogeni, ma dall’altro possono avere un rischio aumentato ad esempio per una menopausa precoce oppure l’ipertensione in gravidanza entrambe esclusive del sesso femminile. Inoltre, anche la presentazione clinica e angiografica della malattia coronarica è diversa nelle donne, infatti, queste ultime presentano più spesso una malattia non ostruttiva (non necessariamente con prognosi benigna) motivo per il quale la rivascolarizzazione percutanea potrebbe essere meno efficace rispetto alla rivascolarizzzione chirurgica sebbene i dati suggeriscano che la prima sia la scelta più frequente per motivi legati all’età più spesso avanzata e quindi alle comorbidità come anche alla percezione della paziente come intervento meno invasivo.

Bibliografia:

  1. Vogel B, Acevedo M, Appelman Y, et al. The Lancet women and cardiovascular disease commission: reducing the global burden by 2030. Lancet 2021;397:2385–438.
  2. Sabatine MS, Bergmark BA, Murphy SA, et al. Percutaneous coronary intervention with drug-eluting stents versus coronary artery by­ pass grafting in left main coronary artery disease: an individual patient data meta-analysis. Lancet 2021;398:2247–57.
  3. Gul B, Shah T, Head SJ, et al. Revascularization options for females with multivessel coronary artery disease: a meta-analysis of randomized controlled trials. JACC Cardiovasc Interv 2020;13:1009–10.
  4. Moroni F, Beneduce A, Giustino G, et al. Sex differences in outcomes after percutaneous coronary intervention or coronary artery bypass graft for left main disease: from the DELTA registries. J Am Heart Assoc 2022;11:e022320.
  5. Hannan EL, Wu Y, Harik L, et al. Coronary arterybypass surgery versus percutaneous interventions for women with multivessel coron­ary artery disease. J Thorac Cardiovasc Surg 2024;168:863–72.e8.
  6. An KR, Vervoort D, Qiu F, et al. Women with chronic coronary artery disease: long-term outcomes after percutaneous coronary intervention vs coronary artery bypass grafting. Eur Heart J 2025 (ahead of print).
  7. McEntegart MB, Holm NR, Lindsay MM, et al. Sex-specific clinical outcomes after treatment of left main coronary artery disease. J Soc Cardiovasc Angiogr Interv 2022 May 30;1:100338.
  8. Stone GW, Kappetein AP, Sabik JF, et al. Five-year out­comes after PCI or CABG for left main coronary disease. N Engl J Med 2019;381:1820–30.
  9. Vrints C, Andreotti F, Koskinas KC, et al. 2024 ESC guidelines for the management of chronic coronary syndromes: developed by the task force for the management of chronic coronary syndromes of the European Society of Cardiology (ESC) endorsed by the European Association for Cardio-Thoracic Surgery (EACTS). Eur Heart J 2024;45:3415–537.
  10. Hara H, Takahashi K, van Klaveren D, Wang R, Garg S, Ono M, et al. Sex differences in all-cause mortality in the decade following complex coronary revascularization. J Am Coll Cardiol 2020;76:889–99.
  11. Sotomi Y, Onuma Y, Cavalcante R, et al. Geographical difference of the interaction of sex with treatment strategy in patients with multivessel disease and left main disease: a meta-analysis from SYNTAX (synergy between PCI with taxus and cardiac surgery), PRECOMBAT (bypass surgery versus angioplasty using sirolimus-eluting stent in patients with left main coronary artery disease), and BEST (bypass surgery and everolimus-eluting stent implantation in the treatment of patients with multivessel coronary artery disease) randomized controlled trials. Circ Cardiovasc Interv 2017;10:e005027.
  12. Takahashi K, Otsuki H, Zimmermann FM, et al. Sex differences in patients undergoing FFR-guided PCI or CABG in the FAME 3 trial. JACC Cardiovasc Interv 2025;18:157–67.
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